Le limitazioni degli abiti di lusso medievali

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Nel corso della storia si arrivò spesso ad una regolamentazione degli abiti di lusso femminili.

Le prime leggi suntuarie, cioè limitative degli eccessi del lusso, risalgono al 1334 e, pur rivolgendosi a tutti i cittadini, riguardavano soprattutto le donne di cui limitavano i lussi nel corso di cerimonie quali nozze, battesimi, funerali.
Ci sono disposizioni che vietavano alle donne di indossare abiti con strascichi più lunghi di un semisse (25-30 cm) e di applicare a questi fregi, bottoni, ”presette”, perle e cinture di un valore superiore ai 60 soldi; la limitazione degli ornamenti valeva anche per i copricapi.
Nonostante la ferma intenzione di far rispettare le disposizioni, la difficoltà delle autorità pubbliche era lampante, tanto che non si esitò a prevedere tra le pene la scomunica.
Niente riuscì a fermare l’uso di ornamenti d’oro e d’argento negli abiti di lusso, a sradicare la passione per sete e velluti, stoffe ricamate e impreziosite che continuarono per secoli ad essere proibiti o quanto meno dosati, ma inutilmente.
Interessante è un documento del 1401 ad opera del notaio Gandolfo Fantuzzi che registra gli abiti di lusso di una signora, donna Francesca, secondo le prescrizioni di una nuova legge suntuaria: sono oltre 200 le vesti preziose descritte nel registro che danno uno spaccato della moda di allora : “sacchi” in tessuto broccato d’oro, di panno o di velluto ricamati con filo d’oro oppure ornati con frange al collo.
Una veste però è descritta fin nei minimi particolari per la enorme bellezza, era una veste a onde di velluto color grana ( una tonalità di rosso) con foglie d’oro e scarlatto misto a velluto nelle onde che indusse l’ammirato estensore della denuncia ad augurare alla donna una buona navigazione, favorita dal soffio di venti fausti, nella sua splendida veste increspata.

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